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Nel giorno di Sant’Ignazio, una lezione da Salamanca: imparare a imparare

Il 31 luglio si celebra Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù e ispiratore di una visione dell’educazione che mette al centro la persona, la ricerca del senso e la crescita integrale. In questa occasione, è significativo ricordare un momento meno noto – ma profondamente rivelatore – della sua vita: l’iscrizione all’università di Salamanca, nel 1526.

Ignazio ha già 35 anni, ha vissuto una conversione radicale e attraversato l’Europa come pellegrino. Eppure sceglie di ricominciare a studiare, accanto a giovani studenti, affrontando con umiltà e determinazione lo studio del latino, della grammatica e della logica.

Una scelta che parla ancora oggi a chi si occupa di educazione: imparare non è mai un’azione conclusa, ma una disposizione continua all’ascolto, alla crescita, al cambiamento.

L’educazione come vocazione
L’esperienza universitaria di Ignazio – che proseguirà poi ad Alcalá e Parigi – nasce da una precisa convinzione: non basta avere entusiasmo o fede per poter accompagnare gli altri. Serve competenza, studio, preparazione. Ignazio non studia per ambizione personale, ma per essere più utile. Il sapere è per lui un servizio.

In questa visione, l’educazione è molto più di un percorso scolastico: è un cammino di crescita personale, che riguarda la mente e il cuore, e che non finisce mai. È questo lo spirito che anima ancora oggi la pedagogia ignaziana, fondata sull’idea che ogni studente sia chiamato a sviluppare un pensiero critico, a prendere decisioni consapevoli, a conoscere sé stesso.

Una lezione di pazienza e umiltà
Il periodo di Salamanca non è privo di difficoltà: le sue attività di guida spirituale suscitano sospetti, e Ignazio viene interrogato dalle autorità religiose. Potrebbe reagire con rabbia, ma sceglie di attendere, accettare i limiti imposti, mettersi in discussione. È un atteggiamento che rivela una qualità rara: la pazienza di chi sa che la verità ha bisogno di tempo, e che ogni percorso educativo attraversa ostacoli e rallentamenti.

Questa capacità di ascolto, di rispetto delle regole, di fiducia nei processi è un tratto distintivo della sua pedagogia. L’educazione, ci ricorda Ignazio, non è mai immediata: richiede costanza, relazione, sguardo lungo.

Una sfida ancora attuale
L’esperienza di Salamanca interroga anche il nostro presente: in un’epoca che tende a premiare la velocità, la semplificazione e l’efficienza, Ignazio ci invita a riscoprire il valore della formazione come processo lento, profondo, continuo, ricordandoci che educare significa, prima di tutto, imparare a imparare.

Che si tratti di studenti, insegnanti, genitori o dirigenti, nessuno è escluso da questa chiamata. Ogni fase della vita può essere terreno di apprendimento, se affrontata con apertura, curiosità e desiderio di crescere.

Nel giorno in cui si celebra la sua memoria, la figura di Sant’Ignazio studente continua a parlarci. Ci ricorda che la vera formazione non è mai un punto di arrivo, ma una disposizione interiore a lasciarsi trasformare dal sapere, dalle relazioni, e – per chi crede – dallo Spirito.

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