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Pietro Favre, il gesuita della mitezza e del discernimento

Tra i primi compagni di Ignazio di Loyola, Pietro Favre è una figura tanto discreta quanto decisiva nella nascita della Compagnia di Gesù. Il suo contributo, spesso meno visibile rispetto a quello di altri cofondatori come Francesco Saverio, si radica in una spiritualità profonda, incentrata sull’ascolto, sull’accompagnamento delle coscienze e sul discernimento.

Formatosi alla Sorbona, conobbe Ignazio proprio negli anni degli studi a Parigi: con lui condivise il desiderio di una vita interamente dedicata a Dio, ma con una sensibilità diversa. Se Ignazio era il leader visionario, Favre fu il mediatore attento, l’uomo capace di leggere i moti dell’animo con discrezione e pazienza.

Le origini e l’incontro con Sant’Ignazio
Nato nel 1506 in un piccolo villaggio della Savoia, da una famiglia contadina, Pietro Favre si distinse sin da giovane per l’intelligenza e la disponibilità all’ascolto. Gli anni universitari a Parigi furono decisivi: fu lì che incontrò Ignazio e Francesco Saverio, dando vita a un’amicizia spirituale che avrebbe segnato la sua vita e quella della nascente Compagnia.

Fu il primo del gruppo a ricevere l’ordinazione sacerdotale. La sua capacità di accompagnamento spirituale, esercitata con umiltà e profondità, lo rese una figura di riferimento nei momenti fondativi dell’Ordine.

Il cuore della missione: accompagnare
Favre non fu un predicatore di massa, ma un fine accompagnatore di anime. In un tempo attraversato da conflitti religiosi e divisioni profonde, seppe entrare in dialogo con teologi, riformatori e semplici credenti con uno stile rispettoso e paziente.

Nel suo “Memoriale” – il diario spirituale che ci ha lasciato – emerge una personalità intimamente legata al discernimento quotidiano: ogni incontro, ogni viaggio, ogni scelta è vissuta alla luce di un ascolto interiore profondo. Non cercava lo scontro, ma la riconciliazione. Non imponeva, ma orientava.

Un’eredità ancora viva
Canonizzato da Papa Francesco nel 2013, Pietro Favre viene oggi riscoperto come esempio di “santità mite”, capace di influenzare senza rumore. La sua figura, oggi più che mai, offre un riferimento per educatori, formatori, guide spirituali: uomini e donne che vivono la responsabilità dell’ascolto e dell’accompagnamento.

Nel suo stile troviamo molti degli elementi che oggi definiscono la pedagogia ignaziana: l’attenzione alla persona, il rispetto dei tempi interiori, la fiducia nella libertà di ciascuno. Un modello che non passa mai di moda, perché radicato in ciò che è più umano.

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