La soppressione dei Gesuiti: potere ed opposizioni

La soppressione della Compagnia di Gesù fu un processo di allontanamento forzato dei Gesuiti, intrapreso da vari Stati cattolici nella seconda metà del XVIII secolo.
Il loro potere, che era anche politico, risultava immenso: i Gesuiti, infatti, erano stati i missionari più attivi nella diffusione del Cristianesimo in India e in Cina, dove avevano adottato strategie innovative, come l’integrazione di elementi culturali locali nel messaggio evangelico. La loro crescente influenza, tuttavia, suscitò forti antagonismi, sia da parte degli altri ordini religiosi che da parte di alcuni governi europei. Qui in Oriente i Francescani, impegnati da tempo nelle missioni, accusarono i Gesuiti di aver manipolato il messaggio evangelico per adattarlo alle classi colte della Cina e dell’India. Questo metodo gesuita, noto come “Rito cinese”, mirava a favorire la conversione delle élite, ma suscitò diverse controversie e critiche. In Occidente, invece, i governi di Portogallo e Spagna vedevano con sospetto l’autonomia delle missioni gesuite, in particolare di quelle in America Latina, dove la Compagnia era insediata in vasti territori, anche indigeni. Qui i presidi gesuiti, sebbene costituiti allo scopo di proteggere le popolazioni locali, erano percepiti come una minaccia al controllo europeo.
Tra il 1760 e il 1780 quello che sembrava un impero politico e culturale inattaccabile fu progressivamente smantellato. Le soppressioni dei fedeli e delle azioni della Compagnia iniziarono in Portogallo e si estesero poi a Francia, Spagna e agli Stati italiani sotto il dominio borbonico, come Napoli e Parma. I superstiti trovarono ospitalità nello Stato della Chiesa, ma con la bolla Dominus ac Redemptor, emanata il 21 luglio 1773, Papa Clemente XIV – sotto forti pressioni di Francia, Spagna e Portogallo – decretò la soppressione canonica della Compagnia di Gesù. La persecuzione dell’ordine portò allo smantellamento di centinaia di collegi e alla dispersione di inestimabili biblioteche. Molte figure appartenenti alla Compagnia, però, continuarono a contribuire al panorama intellettuale, mantenendo rapporti con esponenti moderati dell’Illuminismo.
Furono pochi i territori in cui la bolla di Papa Clemente XIV non venne applicata. Federico II di Prussia e la zarina Caterina II di Russia riconobbero il valore educativo dei Gesuiti e permisero loro di continuare a operare nei rispettivi domini, come in Slesia e in Bielorussia, dove l’ordine mantenne scuole e attività formative.
Con il ritorno di Napoleone agli inizi dell’Ottocento i Gesuiti furono gradualmente riammessi in alcuni territori, come Parma, grazie anche al sostegno di ambienti clericali particolarmente illuminati. Alla caduta dell’impero napoleonico e con il ritorno di Papa Pio VII dall’esilio, uno dei primi atti emanati dal Pontefice fu la bolla Sollecitudo omnium ecclesiarum, promulgata il 7 agosto 1814, che sancì la restaurazione ufficiale della Compagnia di Gesù, segnando un momento di svolta nella storia dell’ordine.
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