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Santa Elisabetta d’Ungheria: una vita di carità e servizio

La figura che ha lasciato in eredità un modello cristiano di solidarietà, attenzione agli ultimi e responsabilità verso la comunità

Elisabetta nacque in Ungheria nel 1207, figlia del re Andrea II e della regina Gertrude di Merania. Cresciuta alla corte tedesca della Turingia dopo il fidanzamento con Ludovico IV, ricevette un’educazione che univa formazione politica, vita di corte e profonda sensibilità religiosa. La sua vicinanza ai frati minori contribuì ad avvicinarla al messaggio di San Francesco d’Assisi, orientandola verso una vita di attenzione ai poveri e ai malati.

Dal matrimonio con Ludovico nacquero tre figli – Ermanno, Sofia e Gertrude – e il legame con il marito fu descritto come particolarmente saldo, fondato su valori condivisi. La morte prematura di Ludovico, avvenuta nel 1227 mentre si preparava a partire per la Sesta Crociata, segnò profondamente Elisabetta, che scelse di dedicarsi totalmente alla carità. Si ritirò a Marburgo, dove visse con semplicità e mise in pratica un servizio quotidiano ai più fragili.

Il processo di canonizzazione e la diffusione del culto

La fama di santità di Elisabetta si diffuse immediatamente dopo la sua morte, avvenuta il 17 novembre 1231. Numerosi pellegrini iniziarono a visitare la sua tomba, raccontando guarigioni e aiuti attribuiti alla sua intercessione.

L’istruttoria per la canonizzazione raccolse testimonianze di familiari, servitori e persone guarite. Figura centrale del processo fu Corrado di Marburgo, suo direttore spirituale, che contribuì a presentare alla Chiesa la straordinaria coerenza tra fede e opere della duchessa.

Nel 1235, a Perugia, papa Gregorio IX la proclamò santa. A Marburgo venne costruito un grande santuario gotico, destinato a diventare uno dei principali centri di pellegrinaggio dell’epoca. Le sue reliquie vennero solennemente traslate nel 1236, alla presenza dell’imperatore Federico II.

Iconografia e spiritualità: il miracolo delle rose

Tra gli episodi più celebri legati alla santa vi è il miracolo delle rose. Secondo la tradizione, mentre Elisabetta portava pane ai poveri di nascosto, il marito la sorprese durante una distribuzione clandestina. Quando aprì il mantello, i pani si sarebbero trasformati in rose: un segno della sua totale dedizione ai bisognosi e del valore spirituale del suo gesto.

Opere di misericordia e attenzione agli ultimi

La carità non fu per Elisabetta solo un ideale spirituale, ma una scelta concreta e quotidiana. Usò i beni ereditati dal marito per sostenere i poveri, distribuì elemosine, vendette oggetti preziosi per aiutare gli indigenti e si recava personalmente ad assistere i malati.

Nel 1228 fondò a Marburgo un ospedale ispirato alla spiritualità francescana, dedicato ai poveri e agli ammalati: un luogo in cui l’assistenza materiale si univa alla cura spirituale. Questa eredità continuò nei secoli grazie all’Ordine Teutonico, che costruì in seguito l’“Elisabethhospital”, poi divenuto clinica universitaria.

Un esempio ancora attuale

La vita di Santa Elisabetta d’Ungheria rimane un riferimento anche per il presente. Nel suo modo di agire ritroviamo valori fondamentali quali l’attenzione al prossimo, il servizio, la responsabilità verso la comunità e la capacità di guardare oltre sé stessi. In un mondo segnato da disuguaglianze, povertà e conflitti, la sua testimonianza invita a coniugare spiritualità e impegno sociale, offrendo un modello credibile di compassione attiva.

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