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La Compagnia di Gesù dopo il Concilio Vaticano II

Dall’eredità conciliare al rinnovamento gesuita tra fede, giustizia ed educazione

Inaugurato da Papa Giovanni XXIII nel 1962 e concluso tre anni dopo da Paolo VI, il Concilio Vaticano II rappresentò una svolta epocale per la Chiesa cattolica. Per la Compagnia di Gesù, già fortemente impegnata in ambito educativo, missionario e sociale, si aprì una fase di profondo rinnovamento e di ridefinizione del proprio ruolo. I gesuiti si trovarono davanti alla responsabilità di incarnare le intuizioni conciliari nella propria opera apostolica.

Una nuova visione di Chiesa
Il Concilio trasformò radicalmente il mondo cattolico introducendo la visione della Chiesa come «Popolo di Dio». Le novità principali riguardarono:

  • il rafforzamento del ruolo dei laici;
  • l’introduzione delle lingue locali nella liturgia accanto al latino;
  • il riconoscimento della centralità della Parola di Dio nella vita ecclesiale.

Fu anche l’inizio di un dialogo più ampio con il mondo contemporaneo, con le altre confessioni cristiane e con le religioni non cristiane. La Chiesa intraprese così un cammino di apertura e vicinanza ai fedeli, di attenzione al cambiamento e al dinamismo della società. La Compagnia di Gesù accolse questa trasformazione durante la sua 31ª Congregazione Generale nel 1965.

La 31ª Congregazione e la guida di Pedro Arrupe
La convocazione della 31ª Congregazione Generale, sotto la guida del Preposito Generale Padre Pedro Arrupe (1965-1983), segnò l’inizio di un processo di rinnovamento interno e di riformulazione della missione gesuita.

Arrupe divenne una guida carismatica e concreta, traducendo le linee del Vaticano II in pilastri di azione: attenzione ai poveri, inculturazione della fede (adattamento del Vangelo alle diverse culture), dialogo interreligioso e impegno per la giustizia. Il suo motto, “servire la fede, promuovere la giustizia”, divenne la bussola che orientò i gesuiti nell’era postconciliare.

Tra giustizia sociale e dialogo educativo
Nel solco del Concilio Vaticano II, i gesuiti riaffermarono il legame tra Vangelo e giustizia sociale. In particolare in America Latina, molti religiosi appoggiarono la teologia della liberazione, scegliendo di schierarsi con i poveri e gli emarginati. Alcuni pagarono questa scelta con la vita: è il caso dei sei gesuiti assassinati il 16 novembre 1989 all’Università Centroamericana di San Salvador, per il loro impegno a favore degli oppressi.

Parallelamente, la missione educativa gesuita continuò a rinnovarsi. Collegi e università promossero il dialogo tra fede, scienza e progresso, diventando luoghi di formazione e innovazione culturale. Anche la rivista La Civiltà Cattolica svolse un ruolo fondamentale come strumento di riflessione cristiana capace di interpretare il mondo contemporaneo alla luce del Vangelo.

Spiritualità ignaziana e nuovi orizzonti
Gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, cuore della formazione gesuita, vennero reinterpretati in chiave moderna: non solo pratica interna alla Compagnia, ma anche esperienza aperta ai laici, per favorire un rapporto più personale con la Parola di Dio.

La spiritualità ignaziana rimase così il fondamento solido della Compagnia, pur aprendosi a nuovi contesti sociali e culturali, con una rinnovata attenzione al coinvolgimento attivo dei fedeli.

Un’eredità viva e in continua evoluzione
La fedeltà al carisma di Sant’Ignazio di Loyola e agli ideali del Concilio Vaticano II è rimasta una costante nella Compagnia di Gesù. Il binomio fede e giustizia continua a orientare la missione gesuita in tutto il mondo, insieme all’impegno educativo e alla promozione del dialogo interreligioso e dei diritti umani.

Questa eredità ha trovato piena espressione anche con l’elezione di Papa Francesco, primo pontefice gesuita, nel 2013: un segno che il rinnovamento postconciliare della Compagnia è oggi parte integrante della vita della Chiesa universale.

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