Sport e Intelligenza
Qualcuno avrebbe mai pensato nel corso della storia dell’uomo che le facoltà intellettive potessero dipendere in maniera rilevante per il loro sviluppo della pratica fisica e in particolare sportiva? La storia della filosofia dell’uomo al contrario è piena di situazioni di netta separazione tra le due dimensioni e questo in tutte le diverse civiltà presenti nel mondo.
Rispetto a questo quadro storico-concettuale, da circa un decennio le neuroscienze ci stanno offrendo una visione completamente e radicalmente opposta. Sempre più studi ci mostrano che gli atleti professionisti hanno grandi capacità cognitive, necessarie alle performance soprattutto negli sport di destrezza, e che quindi ad esempio un grande calciatore pensa e pensa molto veloce o come le scelte addestrative dei settori giovanili delle grandi società sportive si stiano spostando sempre più sugli aspetti cognitivi e psicologici.
Ma il salto ulteriore che interessa in questa breve analisi è che sempre più ricerche dimostrano come fare sport e attività fisica, soprattutto in età scolare, produca effetti significativi sul cervello e sullo sviluppo delle capacità cognitive, in particolar modo stimolando la produzione di neurotrofine, gli agenti che sovrintendono alla produzione di neuroni. Nel gergo delle neuroscienze lo sport stimola nei più giovani l’accrescimento delle facoltà esecutive e di inibizione, con effetti tangibili sull’accrescimento dell’attenzione, della concentrazione e della memoria, questi processi cognitivi sono anche alla base delle competenze scolastiche. Insomma sembra proprio che la pratica sportiva e il movimento fisico rendano più intelligenti i ragazzi. Cosa ne discende? Una vera e grande potenziale rivoluzione culturale: immaginare lo sport e l’attività fisica come propellenti dell’intelligenza e dei suoi percorsi di sviluppo è una novità epocale, potenzialmente in grado di riunire le strade separate da cui siamo partiti.
Se allora la scuola è il luogo in cui ha luogo lo sviluppo intellettivo, perché privarsi delle possibilità offerte dall’attività motoria, suo potenziale propellente?
Qui si aprono strade spesso ancora davvero inesplorate di sinergie e collaborazioni progettuali concrete tra mondo della scuola e mondo dello sport, al momento molte volte così distanti e qualche volta anche antagonisti. Facile ed immediato intuire anche come nel contesto della Rete Gesuiti Educazione le due realtà non solo convivano da tempo ma abbiano già iniziato nel corso degli ultimi anni a costruire un modello pedagogico e di relazione educativa comune che pone i nostri Campus all’avanguardia nella proposta educativa per i ragazzi.
Il percorso di formazione degli educatori sportivi nella Rete Gesuiti Educazione progettato proprio a partire dalla lunga esperienza della formazione ignaziana ai docenti delle scuole, quelle attività dei centri sportivi modellate sui tempi e le esigenze degli alunni delle scuole, i progetti comuni di percorsi di approfondimento sulle discipline sportive per Licei Scientifici Sportivi sono testimonianze concrete di come nel nostro contesto la forte sinergia fra scuola e attività sportiva sia ormai un fatto acquisito.
La pratica della pedagogia ignaziana che richiama continuamente anche gli educatori sportivi alla responsabilità dell’accompagnamento dei giovani nella loro crescita attraverso l’esperienza dello sport, ci deve guidare anche in questo campo nella ricerca continua di progetti innovativi al servizio dei nostri atleti-alunni. Possiamo dire che i nostri educatori sportivi devono sempre ricordare che ogni seduta di allenamento è un fenomeno neuroplastico, ovvero una attività che modifica i circuiti del cervello creando nuovi schemi mentali che poi verranno da loro richiamati e utilizzati in situazioni future…. in campo e probabilmente anche in aula!
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